Scenari tecnologici: super-calcolo, nanotubi e ridefinizione dei mercati
L’economia mondiale sta attraversando una fase di riassetto profondo, grazie all’emergere di nuove tecnologie e alla riconfigurazione delle catene del valore. Per le imprese italiane questo scenario rappresenta una potenziale minaccia: comprendere le dinamiche industriali del prossimo futuro sarà necessario per posizionarsi correttamente e non restare indietro.
C’ERA UNA VOLTA… IL MICROCHIP AL SILICIO
C’è stato un tempo in cui il futuro si chiamava quantum computing. Un tempo in cui la Cina, ricca di terre rare, rappresentava un partner imprescindibile per il mercato globale dei microchip. Un’epoca informatica dominata da grandi gruppi proprietari dei brevetti sui software di maggior successo, in cui la competizione si giocava sullo sviluppo di questi prodotti vincenti.
Quel mondo sta tramontando. E non per ragioni politiche, ma per una serie di innovazioni che hanno modificato i presupposti tecnici alla base di tale sistema. Per questo motivo la prossima età industriale sarà molto diversa da tutto quello che abbiamo visto finora: quali saranno le sue caratteristiche principali?
LA LEGGE DI MOORE NON È ANCORA MORTA
L’epoca informatica in cui abbiamo vissuto negli ultimi cinquant’anni era basata su un mattone fondamentale: il microchip al silicio. Da ciò derivavano alcune conseguenze tecniche e geopolitiche: la stretta dipendenza dai Paesi esportatori di silicio (come la Cina) e la possibilità di aumentare la potenza di calcolo dei chip fino ai limiti fisici imposti dal materiale utilizzato.
Nel mondo dei microchip al silicio, la legge di Moore – per la quale la complessità dei chip è destinata a raddoppiare ogni 2 anni circa – pareva destinata a infrangersi contro lo scoglio insuperabile delle proprietà fisiche del silicio e dei limiti alla miniaturizzazione dei circuiti, ormai quasi raggiunti. In breve, si pensava che presto lo sviluppo esponenziale della microelettronica avrebbe dovuto arrestarsi: dopo aver accompagnato una trasformazione epocale dal mondo pre-internet a quello degli smartphone e della robotica nel volgere di poche travolgenti decadi, la spinta all’innovazione avrebbe iniziato a decelerare.
Questo scenario è però stato stravolto dalle più recenti ricerche nel campo della microelettronica basata sul carbonio, in particolare sui nanotubi (scoperti nel 1985). La nuova tecnologia dei microchip in grafene è ormai passata dal campo della teoria a quello della pre-produzione, ed è proprio questo passaggio epocale ad avere aperto nuovi scenari per lo sviluppo del futuro.
LA RIVOLUZIONE DEI NANOTUBI DI CARBONIO
La transizione dai microchip al silicio a quelli in grafene promette di ricordare quella dai motori a elica a quelli jet: un balzo tecnico che ha trasformato l’aviazione sfondando il muro del suono. In questo caso, la rivoluzione investirà i sistemi informatici e la loro potenza di calcolo: i limiti allo sviluppo esponenziale della legge di Moore legati all’uso del silicio sono rimossi, e la corsa verso la superpotenza digitale potrà continuare liberamente.
Questa nuova possibilità giunge in un momento particolarmente propizio: lo sviluppo delle intelligenze artificiali, infatti, richiede una capacità di calcolo sempre maggiore e chip sempre più performanti. Di conseguenza, la tecnologia del microchip in grafene potrebbe diventare la base per la crescita e la diffusione dei sistemi di IA su una scala prima inimmaginabile. È questa visione a spingere le scommesse su un futuro roseo per le grandi aziende all’avanguardia nella ricerca su questi componenti di base, come NVIDIA e la taiwanese TSMC, che di recente hanno infatti registrato balzi del proprio valore di borsa.
LA MAREA MONTANTE E LE PICCOLE IMPRESE
Negli anni a venire si può quindi immaginare che, sotto il profilo della digitalizzazione, il maggior fattore di competitività delle aziende sarà la potenza dell’IA prima ancora della qualità del software. Ciò risulta chiaro se solo si prende in considerazione la capacità dell’IA di apprendere e generare per conto proprio nuovi strumenti e processi finalizzati alle esigenze che di volta in volta essa si trova a dover soddisfare – così come il promettente futuro non solo dei ben noti LLM, ma anche dei LAM, i sistemi destinati ad apprendere e replicare le interazioni uomo-macchina rendendo anche i servizi tecnologici complessi sempre più accessibili.
Questo scenario cosa comporta per le PMI italiane? Il messaggio più importante è che, nel decennio a venire, limitarsi al business as usual sarà sempre più difficile, se non impossibile. Le transizioni industriali non capitano tutti i giorni, ma quando arrivano disarticolano catene di valore consolidate e rimescolano le carte delle rendite e della forza di molti attori economici. Per le imprese sarà fondamentale monitorare in modo proattivo l’evoluzione di queste tendenze, cercando di capire il prima possibile come approfittare delle novità in arrivo. A questo scopo saranno fondamentali consulenze e assistenza.
Inoltre, le aziende dovranno presto abituarsi all’idea che l’investimento in digitalizzazione inizierà ad assumere un diverso significato: non più la semplice migrazione di varie attività in ambiente virtuale, per beneficiare delle riduzioni di costi e della maggiore efficienza così ottenuti, ma l’equipaggiamento con nuove risorse capaci di modificare l’organizzazione e la produzione. Se già nell’ultimo decennio avevamo imparato a riflettere sull’incertezza legata alla velocità dei cambiamenti, dobbiamo quindi preparaci a un’ulteriore accelerazione. Il tempo del microchip al silicio volge al termine. L’epoca dei microchip in grafene sta per iniziare?