Rapporto DESI 2022: le 3 mosse per una PMI all’avanguardia

News
11 Settembre 2023

Qual è lo stato di avanzamento della digitalizzazione in Italia? Cosa possono fare le PMI per colmare il proprio gap di risorse e portarsi all’avanguardia di questo cambiamento?

Il rapporto DESI 2022 pubblicato dalla Commissione Europea offre informazioni precise e indicazioni utili al riguardo: in questo articolo vogliamo riassumere per voi i take out più importanti.

CHE COS’È IL REPORT DESI?

Il Digital Economy and Society Index (DESI) è un indice introdotto dalla Commissione europea dal 2014 per misurare il progresso digitale dei Paesi del vecchio continente, al fine di facilitare la comparazione fra i vari membri dell’Unione e individuare le priorità per il perfezionamento del mercato digitale interno. Ogni anno la Commissione pubblica un rapporto sulle rilevazioni dell’indice, che consente di tracciare il miglioramento dei parametri di ciascun Paese in dodici mesi. La recente pubblicazione dei dati relativi al 2022 offre una base di analisi preziosa per capire in che direzione si sta muovendo l’Italia e quali siano le priorità su cui le PMI dovrebbero concentrarsi.

LA DIGITALIZZAZIONE IN ITALIA

All’interno del report l’Italia occupa un posto di prima importanza. Il nostro Paese è infatti la terza economia europea, dopo Francia e Germania, e il terzo Paese più popoloso dell’Unione: di conseguenza, il miglioramento dei parametri italiani contribuisce non poco alla definizione della media dell’UE, una ragione ulteriore per concentrarsi sulla riduzione del distacco che ci separa dai nostri più stretti partner commerciali.

L’indice DESI organizza i dati di quattro principali aree di analisi: capitale umano, connettività, tecnologie e servizi pubblici. A una prima lettura, dal report emerge un dato fondamentale: l’Italia è tutto sommato ben posizionata in termini di connettività e tecnologie (7° e 8° su 27 Paesi), mentre accumula i propri ritardi più gravi sul fronte dei servizi pubblici e soprattutto del capitale umano (19° e 25° su 27 Paesi). Un dato certo non sorprendente, ma che rende chiaro come siano proprio le resistenze strutturali della pubblica amministrazione e dell’istruzione (scolastica e universitaria) a costituire i veri colli di bottiglia che rallentano la crescita digitale italiana. I mezzi e le infrastrutture sono di un buon livello, ma mancano ancora troppo spesso le competenze necessarie a trarne tutti i benefici possibili.

STRATEGIA DIGITALE E DEMOGRAFIA

Gli obiettivi che l’Italia si è data sono ambiziosi, ma si scontrano con tendenze di lungo periodo difficili da invertire rapidamente. Se dal punto di vista del potenziamento delle reti e dei servizi l’orizzonte del 2026 conferma una grande scommessa sulla digitalizzazione, anche in termini di investimenti, dal punto di vista dell’acquisizione e della formazione del capitale umano il sistema Italia si trova a dover fronteggiare la prospettiva di un pesante inverno demografico.

A questo proposito, è importante ricordare che dopo il picco raggiunto nel 2014, la popolazione residente in Italia è in calo costante e sempre più rapido, una tendenza destinata ad acutizzarsi nei prossimi due decenni salvo grandi imprevisti. La popolazione anziana è destinata ad aumentare, mentre gli adulti in età da lavoro si ridurranno progressivamente. Le culle sono poi sempre più vuote, con un tasso annuale di nascite sceso sotto la soglia psicologica delle 400.000 all’anno, conseguenza di un tasso di fecondità ormai da decenni congelato sotto la soglia di equilibrio.

Con numeri di questo tipo e con le difficoltà estreme che incontra ogni tentativo di attuare efficaci politiche di sostegno alla natalità, o di integrazione culturale e economica di un ampio numero di immigrati, l’obiettivo della digitalizzazione diviene allo stesso tempo più complesso da raggiungere, ma anche prioritario per il funzionamento dell’economia nel suo complesso.

UN DESTINO DIGITALE

Il nodo è il seguente: con una popolazione attiva sempre più ridotta, ma oberata dalla necessità di sostenere un grande sistema di welfare, l’equilibrio delle finanze pubbliche potrà essere garantito solo da una crescita guidata da forti incrementi di produttività. Per ottenere questo risultato, la via della digitalizzazione dell’economia è semplicemente obbligata.

Al contempo, la preponderanza della popolazione anziana e la carenza di giovani renderà tuttavia difficile l’adozione su vasta scala delle nuove tecnologie, la piena digitalizzazione dei servizi e la trasformazione dei classici flussi di lavoro. In questo difficile incontro fra l’esigenza d’innovare e la capacità effettiva di farlo, si gioca il destino dell’Italia nei prossimi anni e decenni.

3 CONSIGLI PER LE PMI

Passando dalla macroeconomia alla vita quotidiana delle aziende, vediamo allora cosa possono fare le PMI per contribuire a questo processo, in modo da facilitare il successo della digitalizzazione complessiva del sistema.

  1. La prima azione concreta, desumibile dai dati del rapporto, è la sottoscrizione di assicurazioni contro rischi legati alla cybersicurezza. Le PMI attente a tutelarsi sotto questo profilo sono ancora troppo poche (il 14%), mentre la quota aumenta col crescere delle dimensioni aziendali. Eppure, come già abbiamo visto in un altro articolo, proprio le piccole imprese possono essere particolarmente vulnerabili agli attacchi malware.
  2. La seconda azione è quella di fornire formazione specifica alla propria forza lavoro. Solo il 15% delle imprese in Italia si occupa stabilmente di questo aspetto: il dato sembra riflettere una diffusa sottovalutazione del problema, come se le competenze digitali potessero essere delegate al fai-da-te dei più volenterosi, o costituissero – nelle loro forme più alte – un lusso non necessario. La realtà è ben diversa e la diffusione di solide competenze di base e intermedie dovrebbe diventare una delle priorità strategiche negli investimenti di ogni PMI.
  3. La terza azione possibile e auspicabile è quella di partecipare al commercio elettronico, che riguarda ancora solo il 13% delle PMI. Naturalmente questo per molte aziende non può significare la costruzione autonoma di e-commerce, onerosi da sviluppare e difficili da rendere popolari, quanto piuttosto l’accesso a piattaforme comuni che consentano d’intercettare alti volumi di traffico e nuovi potenziali clienti.

Ciò detto, bisogna comunque ricordare che la digitalizzazione è un fenomeno in continuo sviluppo, che deve tenere conto non solo dell’adattamento degli attori economici alle nuove tecnologie, ma dell’evoluzione di queste ultime. L’ingresso dell’AI nel gioco dell’innovazione – di cui abbiamo già parlato in questo articolo – promette di aprire la strada a nuove opportunità, il cui effetto sulle strategie di digitalizzazione potrebbe diventare presto dirompente.