L’avvento dell’AI cambierà tutto?
Un antico saggio cinese augurava ai propri nemici di vivere in “tempi interessanti”. Quando la storia accelera e i cambiamenti si fanno tumultuosi, tenere il passo delle trasformazioni diventa più difficile e così anche calcolare rischi e produrre strategie sul medio-lungo periodo. Un problema particolarmente avvertito dalle imprese, che basano la propria attività sulla pianificazione e l’investimento. L’avvento dell’AI generativa è proprio un’accelerazione di questo tipo: una sfida da accogliere proattivamente, per massimizzare i benefici e ridurre i (prevedibili) contraccolpi.
Digitalizzazione e AI
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale parte da lontano. L’umanità ha sempre sognato, per certi versi, di poter delegare buona parte del lavoro alle macchine.
La rivoluzione industriale – che la si consideri un unico movimento o piuttosto una sequenza di balzi in avanti – ha costituito un primo passo lungo la via della crescente meccanizzazione e automazione del lavoro; oggi però, grazie all’ormai avanzatissimo stato della ricerca in materia di computer science e semiconduttori, abbiamo per la prima volta la possibilità di automatizzare qualcosa che prima pareva impossibile – le facoltà di ragionamento, l’espressione linguistica e la creatività.
Si tratta, naturalmente, solo di ottime imitazioni: eppure appare chiaro a tutti come ormai l’innovazione tecnologica abbia raggiunto un punto critico, oltre il quale si aprono nuovi e fin qui poco meditati orizzonti.
Le Big Tech scendono in campo
Era appena il novembre dello scorso anno quando OpenAI, la società fondata da Sam Altman in California e ormai divenuta celebre per il suo sistema ChatGPT, rendeva disponibile il suo rivoluzionario prodotto al grande pubblico.
Da allora i giganti del settore si sono mossi rapidamente: Google ha presentato il suo sistema Bard agli investitori, mentre Meta ha annunciato lo sviluppo di un proprio LLM. Microsoft, dal canto suo, ha direttamente investito 10 miliardi di dollari in OpenAI, integrando GPT-4 nel suo sistema di ricerca Bing, rilanciandolo notevolmente.
L’impressione è che la corsa all’AI sia appena cominciata e che le attuali versioni di questi sistemi, per quanto sorprendenti, siano ancora molto rudimentali rispetto alle loro future iterazioni.
I pericoli fondamentali
In prospettiva, ci si domanda ormai fino a che punto l’avvento dell’AI cambierà l’industria e il lavoro così come li abbiamo conosciuti fino a oggi. Sul punto molti tecnologi e intellettuali hanno già scritto fiumi d’inchiostro: gli aspetti che vengono per lo più messi in evidenza sono due, e cioè il pericolo legato all’uso non etico dell’AI (per esempio allo scopo di condurre attacchi informatici, o di sviluppare armi non convenzionali) e il rischio di un pesante impatto sull’occupazione.
Una sfida ineludibile
Vi sono certamente molti elementi d’incertezza al riguardo, che rendono ancora prematuro pronunciarsi su questi aspetti. Ciò che però il mondo delle imprese – e soprattutto delle piccole e medie imprese – può tenere per certo, è che l’avvento dell’AI produrrà un notevole cambiamento che come tale dev’essere affrontato, anzitutto sul piano dell’atteggiamento mentale.
Il gioco del capitalismo, infatti, è un gioco competitivo: quando la cornice della partita cambia, tutti i giocatori in campo sono tenuti ad adattare la propria strategia e le proprie mosse al nuovo contesto, pena essere sopravanzati e battuti da quelli che siano stati più rapidi e capaci nell’adattamento.
L’occasione per le imprese: formazione e competitività
È proprio in questa sfida per l’adattamento al nuovo ambiente tecnologico (la c.d. tecnosfera) che si trova la grande opportunità del prossimo decennio. Se dal punto di vista del sistema economico nel suo complesso (quindi dei policymaker) l’arrivo dell’AI porrà un problema di governance e di stabilità, che dovrà essere affrontato con gli strumenti della regolazione e del welfare, dal punto di vista dei singoli player il problema fondamentale sarà quello di cavalcare l’onda dell’innovazione senza rimanere sommersi. Per farlo, sarà necessario disporsi a potenziare:
- Automazione: l’AI rende possibile un salto di qualità nella digitalizzazione delle imprese, facilitando l’integrazione di tutta la piramide dell’automazione grazie a software che dialogano fra loro.
- Formazione: per trarre i massimi benefici dall’integrazione dell’automazione, diverrà necessario investire in formazione mirata delle key figures aziendali, oltre che l’assunzione di nuove figure professionali
- Organizzazione: il potenziamento degli strumenti digitali e delle risorse umane in funzione dell’AI consentirà progressivamente di rendere più efficiente e snella la stessa organizzazione aziendale, trasformando la fisionomia delle imprese fino a configurarle, in tutto e per tutto, come industrie 4.0
Il valore delle reti d’impresa per lo sviluppo italiano
Date queste premesse, possiamo affermare che nel prossimo futuro iniziative come quella messa in campo con pmi next diverranno sempre più rilevanti per aiutare le imprese a vincere la prova del nuovo salto tecnologico. Poter fare affidamento su una rete capace di mettere in campo risorse e competenze, infatti, rende più semplice e sicuro affrontare le trasformazioni non più rinviabili.
pmi next ha ben chiara la grandezza e l’importanza del compito. Soprattutto in un’economia come quella italiana, che negli ultimi decenni ha perso slancio e competitività rispetto agli altri Paesi europei, riuscire a estrarre il massimo valore dall’avvento dell’AI diventerà una missione vitale per l’intero tessuto produttivo.
Stretta fra l’inverno demografico che la priva di lavoratori ogni anno e i vincoli di bilancio derivanti dall’adesione alla moneta unica europea, l’Italia ha solo una strada da percorrere per mantenersi in equilibrio: quella dell’aumento della produttività delle sue imprese. L’obiettivo è molto semplice: produrre di più e meglio, impiegando sempre minori risorse. L’intelligenza artificiale è lo strumento che può consentirci di raggiungerlo.