Transizioni Gemelle: il futuro sostenibile delle PMI passa dalla digitalizzazione
Squilibri economici e tensioni geopolitiche incombono sul prossimo futuro, complicando i calcoli degli attori del mercato così come della politica. Come possono muoversi le PMI italiane in questo scenario? La linea sembra ormai tracciata: per emergere nel 2024 servirà investire nella digitalizzazione e nella sostenibilità.
2023, un anno complicato per le PMI
Scorrendo i dati dell’ultimo anno (fonte: Cerved 2023) ci si rende presto conto che, se il 2022 aveva fatto ben sperare e portato una boccata di aria fresca alle piccole e medie imprese italiane, i dodici mesi successivi hanno fatto purtroppo segnare un’inversione di tendenza.
I dati sulla demografia d’impresa e le abitudini di pagamento mettono infatti in risalto una situazione incerta e difficile: non nascono nuove imprese (-2,3%) mentre sono tornate ad aumentate le cessate attività (+33,3%). Sono cresciuti inoltre i ritardi nei pagamenti, soprattutto quelli definiti gravi, ossia saldati oltre due mesi dopo il termine pattuito, che si attestano al 3,2% del totale.
I dati negativi sono, ovviamente, figli di una situazione economica e geopolitica piena di incognite: inflazione record, alti tassi di interesse, conflitti militari che danneggiano le supply chain e dirottano gli investimenti. Non manca, tuttavia, la possibilità di tracciare percorsi virtuosi di sviluppo anche in questo contesto. Anzi, proprio la pressione generata da questo scenario complesso può contribuire a generare cambiamenti positivi che, in altre circostanze, verrebbero altrimenti ritenuti superflui.
La bussola della sostenibilità
Se l’incertezza dominante non invita le imprese a compiere grandi investimenti, occorre tenere presente che la sostenibilità non è solo un valore di natura etica, ma rappresenta una grande opportunità per le PMI.
Fermo restando che al momento solo le aziende quotate hanno l’obbligo di redigere un bilancio di sostenibilità, sono le PMI le realtà che hanno maggiore capacità decisionale su questo aspetto e, forse per la loro natura, sono più propense a scelte sostenibili.
Le aziende che investono in sostenibilità risultano, secondo una recente indagine (fonte: rapporto ASviS 2023), le più redditizie e le meglio gestite. Da ciò non bisogna dedurre che l’investimento in sostenibilità garantisca di per sé risultati migliori, bensì che le aziende dotate di un management altamente competente ed efficace riconoscono il valore strategico della sostenibilità, anziché trascurarla.
In sintesi, un investimento in ambito di sostenibilità offre l’occasione per un ritorno molto positivo, a patto di essere abbinato però a competenze avanzate e a un approccio data driven.
Digitalizzazione e sostenibilità, transizioni gemelle
La transizione ecologica delle imprese è un obiettivo sistemico per l’economia non solo italiana e europea, ma globale. Lo testimoniano i notevoli sforzi in termini di comunicazione e di finanziamento che le istituzioni internazionali dedicano al tema ormai da alcuni anni. Grazie a tali risorse, questa transizione viene ad aggiungersi e a completare, per così dire, quella già a lungo individuata come il traino della competitività industriale della nostra epoca: la transizione digitale.
Per le PMI che vogliono non solo sopravvivere, ma emergere e primeggiare in tempi difficili, investire nella digitalizzazione rimane un fattore decisivo per aumentare non solo la produttività del lavoro, ma anche la business intelligence e di conseguenza la qualità delle decisioni a livello dirigenziale.
Sotto questo profilo, gli ostacoli a una diffusa digitalizzazione delle aziende continuano a essere quelli ben noti ai quali anche su questo blog abbiamo dedicato numerosi articoli (per esempio questo), con problematiche specifiche per la gran parte delle PMI, vincolate dalle oggettive limitazioni della propria dimensione aziendale.
Fra le principali barriere da abbattere figura sicuramente la mancanza di una cultura manageriale “digital oriented” e la mancanza di figure competenti in materia; ma spesso anche un budget insufficiente è percepito come un limite alla transazione digitale, nonostante i numerosi contributi e bandi che enti locali e pubblica amministrazione offrono per sostenere questo tipo di innovazione.
Il 2024 sarà l’anno dei servizi digitali?
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta un’opportunità di trasformazione digitale per le aziende: nel 2024 gli effetti di alcune delle riforme strutturali previste come pilastri per il rilancio dell’economia nazionale potrebbero cominciare a manifestarsi nella vita di tutti i giorni di cittadini e imprese – si pensi agli oltre 1.900 comuni integrati da quest’anno su SEND, il sistema di notifiche digitali della PA, o all’avanzamento dei progetti per potenziare la connettività su tutto il territorio nazionale (ne abbiamo parlato qui).
È però dal fronte dell’innovazione tecnologica che l’anno che verrà si preannuncia come particolarmente ricco di opportunità. Se il 2023 ha visto infatti le prime applicazioni dell’AI diffondersi presso il grande pubblico e suscitare la curiosità di molti professionisti, da ChatGPT a Bard, da Bing a Copilot, nel 2024 le iterazioni successive dei noti sistemi di intelligenza artificiale, uniti all’applicazione sempre più estesa e creativa di questi strumenti – anche all’interno dei software tradizionalmente impiegati in ufficio – potrebbero gettare le premesse per un generale salto di qualità nel tasso di digitalizzazione delle PMI.
La fase che si apre adesso è quella della sperimentazione. L’entusiasmo per la disponibilità di molti tool facilmente accessibili, ai quali delegare task e compiti ripetitivi, consentirà a poco a poco di far emergere le soluzioni più efficienti e le pratiche migliori per rendere il proprio lavoro sempre più produttivo, eliminando le perdite di tempo senza compromettere la qualità dei risultati. Una trasformazione che è appena cominciata.